| Azienda |

Un’azienda guidata dai dati

Negli ultimi anni i dati sono diventati il fattore chiave delle strategie di crescita e sviluppo di molte aziende. Anche della nostra, che ne ha fatto uno dei cinque pilastri del proprio piano industriale.

Ma cosa significa esattamente essere data-driven e perché i dati sono così importanti?

La cultura del dato

L’espressione data-driven va oltre la semplice definizione di un processo decisionale fondato sull’oggettività dei dati statistici a disposizione dell’azienda e dei suoi collaboratori, ma si riferisce più ampiamente a un approccio mentale, a una cultura, un’attitudine di pensiero che investe tutti i livelli dell’azienda, dal management ai consulenti, e tutti gli ambiti di attività.

Essere data-driven significa essere in grado non solo di utilizzare metodologie e strumenti digitali per la raccolta, la gestione e l’analisi dei dati, ma significa avere un nuovo pensiero, un nuovo modo di intendere l’intera operatività aziendale e consulenziale.

Essere guidati dai dati ci permette, infatti, di pensare e prendere decisioni che siano il più possibile corrette e prive di pregiudizi ed errori dettati da una conoscenza approssimativa dei temi sui quali siamo chiamati ad intervenire o a guidare le scelte altrui. Questo vale sia all’interno della nostra organizzazione, sia soprattutto nel lavoro di consulenza nei confronti dei clienti: solo utilizzando un approccio scientifico, basato sui dati e finalizzato a un’analisi oggettiva della realtà, possiamo infatti avere un punto di partenza certo e consapevole per guidare al meglio i processi decisionali nei quali siamo coinvolti.

Rafforzando, in questo mondo, anche il rapporto di fiducia tra noi e i clienti. Il medesimo approccio scientifico può e deve essere utilizzato anche nella gestione delle nostre competenze emotive: per quanto importanti e fondamentali nelle relazioni tra persone, siano esse colleghi o clienti, infatti, le emozioni devono essere sempre messe a confronto con aspetti di fatto, per non rischiare di essere portati a prendere decisioni puramente istintive, “di pancia” e di conseguenza meno consapevoli.

Un vantaggio competitivo

Per prendere decisioni puntuali, mettere a punto linee strategiche, individuare eventi critici, risolvere problematiche, modificare attività e alimentare il business a partire da quello che oggettivamente i dati indicano, i dati stessi da cui partire devono essere ovviamente attendibili, di fonte sicura, aggiornati e rilevati con una certa frequenza. Per questo un’azienda che voglia essere guidata dai dati deve avere un’infrastruttura in grado di raccogliere, selezionare e tradurre in real time gli insight ottenuti tramite l’analisi dei dati, e renderli disponibili a tutta l’azienda attraverso una adeguata reportistica.

Dati sì ma solo se strategici

Nella scelta di quali dati analizzare e attivare, ossia rendere disponibili, il criterio guida deve essere quello della loro utilità in rapporto e in funzione della strategia che si vuole perseguire: non tenendo conto di questo aspetto, infatti, i dati risulterebbero non solo inutili ma addirittura dannosi, perché potrebbero portarci lontano dal focus prefissato.  

Avere a disposizione dei dati, dunque, non serve a nulla, se non li si sa scegliere, interpretare e condividere, per ottenerne un duplice vantaggio: all’esterno, verso i clienti, per agire in modo predittivo, facendo previsioni, lavorando sugli scenari futuri, anticipando cambiamenti, tendenze, richieste e nuove esigenze; all’interno per misurare e quantificare i risultati di scelte aziendali al fine di rendere più fluida l’organizzazione del lavoro, orientare attività e iniziative, favorire il benessere lavorativo e personale dei collaboratori.

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Un’azienda guidata dai dati

Negli ultimi anni i dati sono diventati il fattore chiave delle strategie di crescita e sviluppo di molte aziende. Anche della nostra, che ne ha fatto uno dei cinque pilastri del proprio piano industriale.

Ma cosa significa esattamente essere data-driven e perché i dati sono così importanti?

La cultura del dato

L’espressione data-driven va oltre la semplice definizione di un processo decisionale fondato sull’oggettività dei dati statistici a disposizione dell’azienda e dei suoi collaboratori, ma si riferisce più ampiamente a un approccio mentale, a una cultura, un’attitudine di pensiero che investe tutti i livelli dell’azienda, dal management ai consulenti, e tutti gli ambiti di attività.

Essere data-driven significa essere in grado non solo di utilizzare metodologie e strumenti digitali per la raccolta, la gestione e l’analisi dei dati, ma significa avere un nuovo pensiero, un nuovo modo di intendere l’intera operatività aziendale e consulenziale.

Essere guidati dai dati ci permette, infatti, di pensare e prendere decisioni che siano il più possibile corrette e prive di pregiudizi ed errori dettati da una conoscenza approssimativa dei temi sui quali siamo chiamati ad intervenire o a guidare le scelte altrui. Questo vale sia all’interno della nostra organizzazione, sia soprattutto nel lavoro di consulenza nei confronti dei clienti: solo utilizzando un approccio scientifico, basato sui dati e finalizzato a un’analisi oggettiva della realtà, possiamo infatti avere un punto di partenza certo e consapevole per guidare al meglio i processi decisionali nei quali siamo coinvolti.

Rafforzando, in questo mondo, anche il rapporto di fiducia tra noi e i clienti. Il medesimo approccio scientifico può e deve essere utilizzato anche nella gestione delle nostre competenze emotive: per quanto importanti e fondamentali nelle relazioni tra persone, siano esse colleghi o clienti, infatti, le emozioni devono essere sempre messe a confronto con aspetti di fatto, per non rischiare di essere portati a prendere decisioni puramente istintive, “di pancia” e di conseguenza meno consapevoli.

Un vantaggio competitivo

Per prendere decisioni puntuali, mettere a punto linee strategiche, individuare eventi critici, risolvere problematiche, modificare attività e alimentare il business a partire da quello che oggettivamente i dati indicano, i dati stessi da cui partire devono essere ovviamente attendibili, di fonte sicura, aggiornati e rilevati con una certa frequenza. Per questo un’azienda che voglia essere guidata dai dati deve avere un’infrastruttura in grado di raccogliere, selezionare e tradurre in real time gli insight ottenuti tramite l’analisi dei dati, e renderli disponibili a tutta l’azienda attraverso una adeguata reportistica.

Dati sì ma solo se strategici

Nella scelta di quali dati analizzare e attivare, ossia rendere disponibili, il criterio guida deve essere quello della loro utilità in rapporto e in funzione della strategia che si vuole perseguire: non tenendo conto di questo aspetto, infatti, i dati risulterebbero non solo inutili ma addirittura dannosi, perché potrebbero portarci lontano dal focus prefissato.  

Avere a disposizione dei dati, dunque, non serve a nulla, se non li si sa scegliere, interpretare e condividere, per ottenerne un duplice vantaggio: all’esterno, verso i clienti, per agire in modo predittivo, facendo previsioni, lavorando sugli scenari futuri, anticipando cambiamenti, tendenze, richieste e nuove esigenze; all’interno per misurare e quantificare i risultati di scelte aziendali al fine di rendere più fluida l’organizzazione del lavoro, orientare attività e iniziative, favorire il benessere lavorativo e personale dei collaboratori.

Francesca Pavesi

Francesca Pavesi

Nata e cresciuta a Milano, laureata in lettere moderne, giornalista pubblicista dal 2003, si è sempre occupata di comunicazione e oggi lo fa da libera professionista, conciliando famiglia e lavoro. Da allora le sue giornate trascorrono con il computer e il registratore sempre accesi, scrivendo e intervistando per diversi quotidiani e periodici nazionali. Dal 2016 segue l’ufficio stampa e la comunicazione di Leonardo Assicurazioni.

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