| Economie |

Patrimonio: quali opportunità?

Il network e le strategie della consulenza patrimoniale

Che sia piccolo o immenso, consolidato o in fase di costruzione, un patrimonio va protetto, valorizzato, gestito e possibilmente trasmesso in modo da garantire gli obiettivi del suo titolare.

Facile a dirsi, meno forse a farsi, a guardare ad alcuni dati sulla propensione degli italiani a pensare alla propria successione e a pianificare, con strumenti adeguati, il passaggio generazionale.

Un doppio blocco, culturale e psicologico

I dati, come sempre, parlano chiaro e non lasciano dubbi sulla riluttanza degli italiani a gestire in modo consapevole il proprio patrimonio. Secondo l’Ufficio centrale degli Archivi Notarili, nel 2018 solo il 12,26% degli italiani ha deciso di regolare la propria successione con un testamento, mentre la ricerca condotta da Walden Lab per il Comitato Testamento Solidale evidenzia che solo una minoranza degli italiani sembra propenso a pianificare la gestione dei propri beni dopo la morte: il 17% degli italiani over 50 ha fatto o pensa di fare un testamento, il 35% è nettamente contrario, mentre il restante 48% non esclude l’idea ma non è nemmeno deciso. Altro dato significativo è quello relativo alla percentuale delle TCM (polizze temporanee caso morte) italiane: secondo l’Ania solo il 6% degli italiani è assicurato sulla premorienza.

I motivi sono molteplici

Da un lato c’è un tema di tabù associato all’idea della morte ma anche una distorsione culturale che considera il testamento uno strumento adatto solo a chi possiede grandi patrimoni e comunque un qualcosa a cui pensare in una fase avanzata della vita. Il risultato è comunque lo stesso: il rischio di depauperare il proprio patrimonio, non cogliere eventuali opportunità di accrescerlo e incorrere in contenziosi giudiziari lunghi e costosi. 

L’importanza di una consulenza patrimoniale

Una soluzione è sicuramente quella di rivolgersi a dei professionisti che possano consigliarci e accompagnarci in questo percorso.

La figura di riferimento è sicuramente il consulente patrimoniale, che tuttavia non opera da sola, ma in cooperazione con altri professionisti, in un vero e proprio network in grado di fornire una soluzione a tutto tondo. 

Ne abbiamo parlato, in occasione dell’evento Patrimonio: quali opportunità?in Spazio Leonardo lo scorso 4 maggio con Federica Bossi, Senior Wealth Advisor di Banca Generali, Patrick Novembre, dottore commercialista, e Anna Napoli, notaio.

Una questione di fiducia

“Il concetto di consulenza ha subito una profonda evoluzione negli ultimi anni e oggi il consulente patrimoniale è un professionista che fa parte di un team di professionisti con competenze diverse – dal consulente assicurativo a quello immobiliare, dall’avvocato al fiscalista, dall’esperto in diritto societario a quello esperto di diritto internazionale – con cui coopera, con l’obiettivo di raggiungere un obiettivo comune: offrire una pianificazione a tutto tondo del patrimonio del cliente, che avrà ripercussioni in primis sul cliente stesso ma anche sulla sua famiglia e sulla sua impresa. In questo contesto, assume un’importanza fondamentale il concetto di fiducia, non solo quella che si instaura tra il professionista e il cliente ma anche tra i diversi professionisti del network che devono avere come unico obiettivo, appunto, il benessere del loro assistito” spiega la dottoressa Bossi.

Ascolto attivo e competenze

“La fase iniziale di ascolto è la più complessa ma anche quella più importante per conoscere il cliente, comprenderne la sensibilità, le esigenze e gli obiettivi di vita, valutarne il patrimonio e capire come tutelarlo. Questa fase è fondamentale per capire quali sono le soluzioni migliori da proporre, tra le tante che il nostro ordinamento giuridico offre, dalle più evolute alle più classiche, che spesso il cliente stesso non conosce o magari ha scelto in passato, senza cognizione di causa o sulla scia di emozioni o situazioni temporanee: basti pensare ai diversi tipi di testamento, alle holding di famiglia, all’istituto delle donazioni, e ancora alle fondazioni e al trust, senza contare tutti gli strumenti giuridici esteri. Ma la fase di ascolto attivo è importantissima anche per consentire al cliente di acquisire quella fiducia verso un team di professionisti che dovrà gestire il suo patrimonio e che è alla base di una consulenza efficace” spiega Patrick Novembre.

Attraverso un ascolto attivo e la competenza di un team professionisti diversi, la consulenza patrimoniale ci consente di prendere consapevolezza del nostro patrimonio, di conoscere gli strumenti giuridici a disposizione per tutelarlo, eliminando i rischi e liberando risorse per gestire meglio ciò che abbiamo.

Nessuno è escluso, ma serve un metodo

Se è vero che ogni tipologia di patrimonio può e deve essere gestito, valorizzato e trasmesso, ogni consulenza sarà personalizzata su ogni singolo caso specifico. “Mi piace pensare alla consulenza patrimoniale come a una ricetta con tanti ingredienti” sottolinea ancora Bossi “Ma per cucinarli bene serve un metodo: si parte dall’analisi di tutto il patrimonio, senza trascurare nulla – immobili, parte finanziaria, opere d’arte – attraverso un lavoro di ascolto attivo, per arrivare a conoscere il più profondo e personale desiderio che il cliente vuole soddisfare con quella consulenza. Un secondo aspetto importante è quello della competenza, perché le materie sono tante e complesse. Non bisogna ovviamente sapere tutto, ma bisogna saper individuare le casistiche per poter scegliere quale professionista del team consultare e a chi indirizzare il cliente. Il terzo step è la proposta di una soluzione, che poi nel tempo deve essere costantemente aggiornata, monitorata, verificata, seguendo il ciclo di vita del cliente”.

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Patrimonio: quali opportunità?

Il network e le strategie della consulenza patrimoniale

Che sia piccolo o immenso, consolidato o in fase di costruzione, un patrimonio va protetto, valorizzato, gestito e possibilmente trasmesso in modo da garantire gli obiettivi del suo titolare.

Facile a dirsi, meno forse a farsi, a guardare ad alcuni dati sulla propensione degli italiani a pensare alla propria successione e a pianificare, con strumenti adeguati, il passaggio generazionale.

Un doppio blocco, culturale e psicologico

I dati, come sempre, parlano chiaro e non lasciano dubbi sulla riluttanza degli italiani a gestire in modo consapevole il proprio patrimonio. Secondo l’Ufficio centrale degli Archivi Notarili, nel 2018 solo il 12,26% degli italiani ha deciso di regolare la propria successione con un testamento, mentre la ricerca condotta da Walden Lab per il Comitato Testamento Solidale evidenzia che solo una minoranza degli italiani sembra propenso a pianificare la gestione dei propri beni dopo la morte: il 17% degli italiani over 50 ha fatto o pensa di fare un testamento, il 35% è nettamente contrario, mentre il restante 48% non esclude l’idea ma non è nemmeno deciso. Altro dato significativo è quello relativo alla percentuale delle TCM (polizze temporanee caso morte) italiane: secondo l’Ania solo il 6% degli italiani è assicurato sulla premorienza.

I motivi sono molteplici

Da un lato c’è un tema di tabù associato all’idea della morte ma anche una distorsione culturale che considera il testamento uno strumento adatto solo a chi possiede grandi patrimoni e comunque un qualcosa a cui pensare in una fase avanzata della vita. Il risultato è comunque lo stesso: il rischio di depauperare il proprio patrimonio, non cogliere eventuali opportunità di accrescerlo e incorrere in contenziosi giudiziari lunghi e costosi. 

L’importanza di una consulenza patrimoniale

Una soluzione è sicuramente quella di rivolgersi a dei professionisti che possano consigliarci e accompagnarci in questo percorso.

La figura di riferimento è sicuramente il consulente patrimoniale, che tuttavia non opera da sola, ma in cooperazione con altri professionisti, in un vero e proprio network in grado di fornire una soluzione a tutto tondo. 

Ne abbiamo parlato, in occasione dell’evento Patrimonio: quali opportunità?in Spazio Leonardo lo scorso 4 maggio con Federica Bossi, Senior Wealth Advisor di Banca Generali, Patrick Novembre, dottore commercialista, e Anna Napoli, notaio.

Una questione di fiducia

“Il concetto di consulenza ha subito una profonda evoluzione negli ultimi anni e oggi il consulente patrimoniale è un professionista che fa parte di un team di professionisti con competenze diverse – dal consulente assicurativo a quello immobiliare, dall’avvocato al fiscalista, dall’esperto in diritto societario a quello esperto di diritto internazionale – con cui coopera, con l’obiettivo di raggiungere un obiettivo comune: offrire una pianificazione a tutto tondo del patrimonio del cliente, che avrà ripercussioni in primis sul cliente stesso ma anche sulla sua famiglia e sulla sua impresa. In questo contesto, assume un’importanza fondamentale il concetto di fiducia, non solo quella che si instaura tra il professionista e il cliente ma anche tra i diversi professionisti del network che devono avere come unico obiettivo, appunto, il benessere del loro assistito” spiega la dottoressa Bossi.

Ascolto attivo e competenze

“La fase iniziale di ascolto è la più complessa ma anche quella più importante per conoscere il cliente, comprenderne la sensibilità, le esigenze e gli obiettivi di vita, valutarne il patrimonio e capire come tutelarlo. Questa fase è fondamentale per capire quali sono le soluzioni migliori da proporre, tra le tante che il nostro ordinamento giuridico offre, dalle più evolute alle più classiche, che spesso il cliente stesso non conosce o magari ha scelto in passato, senza cognizione di causa o sulla scia di emozioni o situazioni temporanee: basti pensare ai diversi tipi di testamento, alle holding di famiglia, all’istituto delle donazioni, e ancora alle fondazioni e al trust, senza contare tutti gli strumenti giuridici esteri. Ma la fase di ascolto attivo è importantissima anche per consentire al cliente di acquisire quella fiducia verso un team di professionisti che dovrà gestire il suo patrimonio e che è alla base di una consulenza efficace” spiega Patrick Novembre.

Attraverso un ascolto attivo e la competenza di un team professionisti diversi, la consulenza patrimoniale ci consente di prendere consapevolezza del nostro patrimonio, di conoscere gli strumenti giuridici a disposizione per tutelarlo, eliminando i rischi e liberando risorse per gestire meglio ciò che abbiamo.

Nessuno è escluso, ma serve un metodo

Se è vero che ogni tipologia di patrimonio può e deve essere gestito, valorizzato e trasmesso, ogni consulenza sarà personalizzata su ogni singolo caso specifico. “Mi piace pensare alla consulenza patrimoniale come a una ricetta con tanti ingredienti” sottolinea ancora Bossi “Ma per cucinarli bene serve un metodo: si parte dall’analisi di tutto il patrimonio, senza trascurare nulla – immobili, parte finanziaria, opere d’arte – attraverso un lavoro di ascolto attivo, per arrivare a conoscere il più profondo e personale desiderio che il cliente vuole soddisfare con quella consulenza. Un secondo aspetto importante è quello della competenza, perché le materie sono tante e complesse. Non bisogna ovviamente sapere tutto, ma bisogna saper individuare le casistiche per poter scegliere quale professionista del team consultare e a chi indirizzare il cliente. Il terzo step è la proposta di una soluzione, che poi nel tempo deve essere costantemente aggiornata, monitorata, verificata, seguendo il ciclo di vita del cliente”.

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Patrimonio: quali opportunità?

Il network e le strategie della consulenza patrimoniale

Che sia piccolo o immenso, consolidato o in fase di costruzione, un patrimonio va protetto, valorizzato, gestito e possibilmente trasmesso in modo da garantire gli obiettivi del suo titolare.

Facile a dirsi, meno forse a farsi, a guardare ad alcuni dati sulla propensione degli italiani a pensare alla propria successione e a pianificare, con strumenti adeguati, il passaggio generazionale.

Un doppio blocco, culturale e psicologico

I dati, come sempre, parlano chiaro e non lasciano dubbi sulla riluttanza degli italiani a gestire in modo consapevole il proprio patrimonio. Secondo l’Ufficio centrale degli Archivi Notarili, nel 2018 solo il 12,26% degli italiani ha deciso di regolare la propria successione con un testamento, mentre la ricerca condotta da Walden Lab per il Comitato Testamento Solidale evidenzia che solo una minoranza degli italiani sembra propenso a pianificare la gestione dei propri beni dopo la morte: il 17% degli italiani over 50 ha fatto o pensa di fare un testamento, il 35% è nettamente contrario, mentre il restante 48% non esclude l’idea ma non è nemmeno deciso. Altro dato significativo è quello relativo alla percentuale delle TCM (polizze temporanee caso morte) italiane: secondo l’Ania solo il 6% degli italiani è assicurato sulla premorienza.

I motivi sono molteplici

Da un lato c’è un tema di tabù associato all’idea della morte ma anche una distorsione culturale che considera il testamento uno strumento adatto solo a chi possiede grandi patrimoni e comunque un qualcosa a cui pensare in una fase avanzata della vita. Il risultato è comunque lo stesso: il rischio di depauperare il proprio patrimonio, non cogliere eventuali opportunità di accrescerlo e incorrere in contenziosi giudiziari lunghi e costosi. 

L’importanza di una consulenza patrimoniale

Una soluzione è sicuramente quella di rivolgersi a dei professionisti che possano consigliarci e accompagnarci in questo percorso.

La figura di riferimento è sicuramente il consulente patrimoniale, che tuttavia non opera da sola, ma in cooperazione con altri professionisti, in un vero e proprio network in grado di fornire una soluzione a tutto tondo. 

Ne abbiamo parlato, in occasione dell’evento Patrimonio: quali opportunità?in Spazio Leonardo lo scorso 4 maggio con Federica Bossi, Senior Wealth Advisor di Banca Generali, Patrick Novembre, dottore commercialista, e Anna Napoli, notaio.

Una questione di fiducia

“Il concetto di consulenza ha subito una profonda evoluzione negli ultimi anni e oggi il consulente patrimoniale è un professionista che fa parte di un team di professionisti con competenze diverse – dal consulente assicurativo a quello immobiliare, dall’avvocato al fiscalista, dall’esperto in diritto societario a quello esperto di diritto internazionale – con cui coopera, con l’obiettivo di raggiungere un obiettivo comune: offrire una pianificazione a tutto tondo del patrimonio del cliente, che avrà ripercussioni in primis sul cliente stesso ma anche sulla sua famiglia e sulla sua impresa. In questo contesto, assume un’importanza fondamentale il concetto di fiducia, non solo quella che si instaura tra il professionista e il cliente ma anche tra i diversi professionisti del network che devono avere come unico obiettivo, appunto, il benessere del loro assistito” spiega la dottoressa Bossi.

Ascolto attivo e competenze

“La fase iniziale di ascolto è la più complessa ma anche quella più importante per conoscere il cliente, comprenderne la sensibilità, le esigenze e gli obiettivi di vita, valutarne il patrimonio e capire come tutelarlo. Questa fase è fondamentale per capire quali sono le soluzioni migliori da proporre, tra le tante che il nostro ordinamento giuridico offre, dalle più evolute alle più classiche, che spesso il cliente stesso non conosce o magari ha scelto in passato, senza cognizione di causa o sulla scia di emozioni o situazioni temporanee: basti pensare ai diversi tipi di testamento, alle holding di famiglia, all’istituto delle donazioni, e ancora alle fondazioni e al trust, senza contare tutti gli strumenti giuridici esteri. Ma la fase di ascolto attivo è importantissima anche per consentire al cliente di acquisire quella fiducia verso un team di professionisti che dovrà gestire il suo patrimonio e che è alla base di una consulenza efficace” spiega Patrick Novembre.

Attraverso un ascolto attivo e la competenza di un team professionisti diversi, la consulenza patrimoniale ci consente di prendere consapevolezza del nostro patrimonio, di conoscere gli strumenti giuridici a disposizione per tutelarlo, eliminando i rischi e liberando risorse per gestire meglio ciò che abbiamo.

Nessuno è escluso, ma serve un metodo

Se è vero che ogni tipologia di patrimonio può e deve essere gestito, valorizzato e trasmesso, ogni consulenza sarà personalizzata su ogni singolo caso specifico. “Mi piace pensare alla consulenza patrimoniale come a una ricetta con tanti ingredienti” sottolinea ancora Bossi “Ma per cucinarli bene serve un metodo: si parte dall’analisi di tutto il patrimonio, senza trascurare nulla – immobili, parte finanziaria, opere d’arte – attraverso un lavoro di ascolto attivo, per arrivare a conoscere il più profondo e personale desiderio che il cliente vuole soddisfare con quella consulenza. Un secondo aspetto importante è quello della competenza, perché le materie sono tante e complesse. Non bisogna ovviamente sapere tutto, ma bisogna saper individuare le casistiche per poter scegliere quale professionista del team consultare e a chi indirizzare il cliente. Il terzo step è la proposta di una soluzione, che poi nel tempo deve essere costantemente aggiornata, monitorata, verificata, seguendo il ciclo di vita del cliente”.

Francesca Pavesi

Francesca Pavesi

Nata e cresciuta a Milano, laureata in lettere moderne, giornalista pubblicista dal 2003, si è sempre occupata di comunicazione e oggi lo fa da libera professionista, conciliando famiglia e lavoro. Da allora le sue giornate trascorrono con il computer e il registratore sempre accesi, scrivendo e intervistando per diversi quotidiani e periodici nazionali. Dal 2016 segue l’ufficio stampa e la comunicazione di Leonardo Assicurazioni.

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