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Invecchiare? È una questione di punti di vista.

L’invecchiamento della popolazione e il cambiamento climatico sono due grandi trasformazioni globali. Tuttavia, mentre il climate change è ampiamente discusso, la longevità viene spesso affrontata in modo superficiale o con una visione ristretta.

In occasione della presentazione del Piano Industriale 2025 di Leonardo Assicurazioni, Nicola Palmarini, uno dei principali esperti globali di innovazione nell’invecchiamento e nella longevità e direttore del National Innovation Centre for Ageing (NICA) del Regno Unito, ha messo a disposizione della platea alcuni spunti molto interessanti per sviluppare nuove e più efficaci punti di vista sulla longevità.

Prima cosa: considerare il tema.

L’invecchiamento della popolazione e il cambiamento climatico sono due delle più importanti trasformazioni globali in atto. Tuttavia, mentre il climate change è al centro del dibattito, la longevità viene spesso trattata in modo superficiale o con una prospettiva limitata. 

Eppure, i numeri parlano chiaro: entro il 2050 ci saranno 2 miliardi di persone over 60 e ben 31 Paesi avranno la stessa percentuale di anziani dell’Italia di oggi: numeri che avranno necessariamente un impatto profondo sulla società, sull’economia e sul modo di concepire il benessere. Numeri con cui bisogna fare i conti.

Dalla società della vecchiaia a quella della longevità

Per gestire al meglio questa transizione, serve un cambio di paradigma: non più vedere la longevità come una fase di declino, ma come un’opportunità di crescita e innovazione. 

Un nuovo approccio culturale, politico ed economico deve mettere al centro prevenzione, tecnologia e valorizzazione delle generazioni più mature, puntando non solo o non tanto ad allungare la vita, ma a migliorarne la qualità

L’aspettativa di vita in salute è il vero parametro da monitorare, perché un anno in più di vita sana può generare benefici economici e sociali enormi. Contrastando ogni ageismo, ovvero tutti quegli stereotipi che possono portare a una discriminazione legata all’età

Negli Stati Uniti, si stima che un solo anno aggiuntivo di vita in salute possa generare tra i 37 e i 50 trilioni di dollari in produttività. Questo perché le persone, invece di dedicare tempo e risorse alla gestione di malattie, continuano a lavorare, innovare e contribuire attivamente alla società.

Quanto vivremo?

Sebbene i dati sembrino dimostrare che negli ultimi decenni l’aspettativa di vita abbia raggiunto un plateau, e che quindi l’aspettativa non crescerà più oltre quello che siamo riusciti a raggiungere oggi, le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale applicata alla biomedicina, potrebbero sbloccare ulteriori possibilità, non ancora intercettate e studiate dalla statistica e di cui oggi noi non siamo ancora in grado di prevedere la dimensione e gli effetti. 

Aziende come DeepMind di Google, il cui co-fondatore Hassabis lo scorso anno ha vinto il premio Nobel per la Chimica con uno studio sul comportamento delle proteine, stanno già rivoluzionando la ricerca, suggerendo che la durata della vita potrebbe continuare ad aumentare

La longevità, infatti, non è solo una questione di genetica o di salute, ma è influenzata da molteplici fattori. A dirlo è l’Oms: se la cura incide per l’11% e la genetica per il 22%, la parte maggioritaria va ricercata negli stili di vita individuali, nell’ambiente sociale e nei fattori ambientali. Ecco perché è fondamentale investire sulla prevenzione della salute e non solo sulla cura, sulle relazioni umane, perché chi mantiene una vita sociale attiva vive più a lungo e in migliore salute, e sul lavoro, per avere risorse sufficienti per godersi il futuro. 

Economia della longevità

Sono questi i tre asset su cui progettare il proprio benessere e quello della società, e su cui pianificare correttamente il futuro. In un mondo in cui la popolazione invecchia e la natalità diminuisce – attualmente registriamo meno di 1,3 figli per donna, contro i 2,1 considerato il livello minimo per garantire un ricambio generazionale – la soluzione non può essere solo aumentare l’età pensionabile, occorre investire oggi sulle persone che saranno anziane domani. E ripensare il ruolo del lavoro come elemento di crescita personale, come contributo sociale e di benessere. Lavorare più a lungo implica doversi aggiornare, crescere, coltivare delle relazioni, essere parte di un progetto, dare un senso alla propria vita. E tutto questo ha un impatto sociale ed economico notevole. 

Quando si diventa vecchi?

Si diventa vecchi quando non si ha più un progetto da compiere, a prescindere dall’età. Per questo l’obiettivo non deve essere quello di restare giovanili a vita, ma quello di rimanere utili, per sé stessi e per la società. 

La popolazione over 60 è uno dei pochi motori della crescita economica globale in grado di generare almeno la metà della crescita di tutti i consumi urbani da qui al 2030, per questo occorre qualcuno che la sappia ascoltare e interpretarne i bisogni. I dati parlano chiaro: 63 pence per ogni sterlina spesa nell’economia del Regno Unito sarà spesa da famiglie di anziani entro il 2040; il potere di spesa globale dei consumatori di età superiore ai 60 anni entro il 2030 è stimato in 22 mila miliardi di dollari, e in Italia i due terzi dei patrimoni superiori ai 200 mila euro sono in mano alla fascia over 55. Senza contare il tempo libero che queste persone hanno e che potrebbero utilizzare in maniera profittevole. Eppure, ancor oggi meno del 30% delle aziende nel mondo ha iniziato a sviluppare prodotti e servizi per intercettare chi stiamo diventando; la maggior parte continua, invece, a puntare con ossessione sulla “giovinezza”, rifiutando l’accettazione della cosa più normale e umana che ci accade: invecchiare.

Progettare il benessere

Con una corretta pianificazione finanziaria, questa fase matura della vita può rappresentare davvero un’opportunità di crescita personale, di realizzazione, ma anche di contributo alla società. Coinvolgere in nuovi progetti figure professionali più mature, rivolgere agli over 60 investimenti pubblicitari e di marketing, integrare non solo i figli ma anche i nipoti nel passaggio generazionale di un’azienda, creare nuove modalità di lavoro sono la strategia vincente per una crescita e un benessere futuri.

“Nessuno può tornare indietro. Ma chiunque può decidere il finale”. K. Barth

In occasione della presentazione del Piano Industriale 2025 di Leonardo Assicurazioni, Nicola Palmarini, uno dei principali esperti globali di innovazione nell’invecchiamento e nella longevità e direttore del National Innovation Centre for Ageing (NICA) del Regno Unito, ha messo a disposizione della platea alcuni spunti molto interessanti per sviluppare nuove e più efficaci punti di vista sulla longevità.

Prima cosa: considerare il tema.

L’invecchiamento della popolazione e il cambiamento climatico sono due delle più importanti trasformazioni globali in atto. Tuttavia, mentre il climate change è al centro del dibattito, la longevità viene spesso trattata in modo superficiale o con una prospettiva limitata.Eppure, i numeri parlano chiaro: entro il 2050 ci saranno 2 miliardi di persone over 60 e ben 31 Paesi avranno la stessa percentuale di anziani dell’Italia di oggi: numeri che avranno necessariamente un impatto profondo sulla società, sull’economia e sul modo di concepire il benessere. Numeri con cui bisogna fare i conti.

Dalla società della vecchiaia a quella della longevità

Per gestire al meglio questa transizione, serve un cambio di paradigma: non più vedere la longevità come una fase di declino, ma come un’opportunità di crescita e innovazione. 

Un nuovo approccio culturale, politico ed economico deve mettere al centro prevenzione, tecnologia e valorizzazione delle generazioni più mature, puntando non solo o non tanto ad allungare la vita, ma a migliorarne la qualità

L’aspettativa di vita in salute è il vero parametro da monitorare, perché un anno in più di vita sana può generare benefici economici e sociali enormi. Contrastando ogni ageismo, ovvero tutti quegli stereotipi che possono portare a una discriminazione legata all’etàNegli Stati Uniti, si stima che un solo anno aggiuntivo di vita in salute possa generare tra i 37 e i 50 trilioni di dollari in produttività. Questo perché le persone, invece di dedicare tempo e risorse alla gestione di malattie, continuano a lavorare, innovare e contribuire attivamente alla società.

Quanto vivremo?

Sebbene i dati sembrino dimostrare che negli ultimi decenni l’aspettativa di vita abbia raggiunto un plateau, e che quindi l’aspettativa non crescerà più oltre quello che siamo riusciti a raggiungere oggi, le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale applicata alla biomedicina, potrebbero sbloccare ulteriori possibilità, non ancora intercettate e studiate dalla statistica e di cui oggi noi non siamo ancora in grado di prevedere la dimensione e gli effetti. Aziende come DeepMind di Google, il cui co-fondatore Hassabis lo scorso anno ha vinto il premio Nobel per la Chimica con uno studio sul comportamento delle proteine, stanno già rivoluzionando la ricerca, suggerendo che la durata della vita potrebbe continuare ad aumentare

La longevità, infatti, non è solo una questione di genetica o di salute, ma è influenzata da molteplici fattori. A dirlo è l’Oms: se la cura incide per l’11% e la genetica per il 22%, la parte maggioritaria va ricercata negli stili di vita individuali, nell’ambiente sociale e nei fattori ambientali. Ecco perché è fondamentale investire sulla prevenzione della salute e non solo sulla cura, sulle relazioni umane, perché chi mantiene una vita sociale attiva vive più a lungo e in migliore salute, e sul lavoro, per avere risorse sufficienti per godersi il futuro.

Economia della longevità

Sono questi i tre asset su cui progettare il proprio benessere e quello della società, e su cui pianificare correttamente il futuro. In un mondo in cui la popolazione invecchia e la natalità diminuisce – attualmente registriamo meno di 1,3 figli per donna, contro i 2,1 considerato il livello minimo per garantire un ricambio generazionale – la soluzione non può essere solo aumentare l’età pensionabile, occorre investire oggi sulle persone che saranno anziane domani. E ripensare il ruolo del lavoro come elemento di crescita personale, come contributo sociale e di benessere. Lavorare più a lungo implica doversi aggiornare, crescere, coltivare delle relazioni, essere parte di un progetto, dare un senso alla propria vita. E tutto questo ha un impatto sociale ed economico notevole.

Quando si diventa vecchi?

Si diventa vecchi quando non si ha più un progetto da compiere, a prescindere dall’età. Per questo l’obiettivo non deve essere quello di restare giovanili a vita, ma quello di rimanere utili, per sé stessi e per la società. 

La popolazione over 60 è uno dei pochi motori della crescita economica globale in grado di generare almeno la metà della crescita di tutti i consumi urbani da qui al 2030, per questo occorre qualcuno che la sappia ascoltare e interpretarne i bisogni. I dati parlano chiaro: 63 pence per ogni sterlina spesa nell’economia del Regno Unito sarà spesa da famiglie di anziani entro il 2040; il potere di spesa globale dei consumatori di età superiore ai 60 anni entro il 2030 è stimato in 22 mila miliardi di dollari, e in Italia i due terzi dei patrimoni superiori ai 200 mila euro sono in mano alla fascia over 55. Senza contare il tempo libero che queste persone hanno e che potrebbero utilizzare in maniera profittevole. Eppure, ancor oggi meno del 30% delle aziende nel mondo ha iniziato a sviluppare prodotti e servizi per intercettare chi stiamo diventando; la maggior parte continua, invece, a puntare con ossessione sulla “giovinezza”, rifiutando l’accettazione della cosa più normale e umana che ci accade: invecchiare.

Progettare il benessere futuro

Con una corretta pianificazione finanziaria, questa fase matura della vita può rappresentare davvero un’opportunità di crescita personale, di realizzazione, ma anche di contributo alla società. Coinvolgere in nuovi progetti figure professionali più mature, rivolgere agli over 60 investimenti pubblicitari e di marketing, integrare non solo i figli ma anche i nipoti nel passaggio generazionale di un’azienda, creare nuove modalità di lavoro sono la strategia vincente per una crescita e un benessere futuri.

“Nessuno può tornare indietro. Ma chiunque può decidere il finale”. K. Barth

Ufficio Stampa:

Francesca Pavesi

tel. 380-3151378
mail: press@spazio-leonardo.it

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